Ogni vittoria accresce l’inclusione
Il calcio come strumento di integrazione sociale
3/12/2023 e 8/12/2023. Il palmares di Insuperabili si arricchisce di due nuovi trofei: la coppa per il campionato italiano FISPES di calcio a 7 e la No Barriers Cup.
Due date, due trofei, due vittorie importanti per la società.
Vero, ma non solo per noi. Queste due vittorie hanno un valore molto più alto e a ricordarcelo è stato il presidente Davide Leonardi durante la plenaria di dicembre: “Ogni vittoria accresce l’inclusione”.
Il calcio può favorire l’inclusione?
Per Insuperabili parlare di inclusione sociale è scontato: è quello che facciamo ogni giorno, in campo come in ufficio. Contribuiamo alla costruzione e all’implementazione di un processo che garantisca a tutte le persone, indipendentemente dalle loro caratteristiche personali, sociali o culturali, la possibilità di partecipare attivamente alla vita della comunità, di esprimere le proprie potenzialità e di godere dei diritti fondamentali. L’inclusione sociale si basa sul riconoscimento della diversità come valore. Eppure, lo sappiamo benissimo che la nostra società calcistica non è la quotidianità di tutti. Basta guardare fuori dai nostri campi verdi, ascoltare le storie dei nostri atleti e delle loro famiglie, per renderci conto che non è così ovunque.
Il calcio però può avere un ruolo importante in questo processo: può essere un acceleratore di inclusione sociale. Può contribuire a creare legami tra persone di diverse culture, etnie, religioni, generi, classi sociali e condizioni fisiche o mentali, abbattendo le barriere e gli stereotipi che spesso generano emarginazione e conflitto. Il calcio inoltre favorisce la socializzazione, il senso di appartenenza, la cooperazione, il rispetto delle regole e degli avversari…anche quando la competizione aumenta.
Vince sempre l’inclusione
Ogni partita è quel momento unico ed irripetibile in cui due grandi diversità si scontrano: in campo con noi scende un avversario, cioè qualcuno che è opposto da me, che sta dall’altra parte. Come può una situazione tale, in cui due poli opposti si scontrano, far crescere l’inclusione e quindi favorire l’incontro?
L’obiettivo di una competizione è di confrontarsi con gli altri per dimostrare chi è il migliore in una determinata disciplina e in un determinato momento. Si scende in campo per vincere. A questo obiettivo di squadra si legano altri sotto obiettivi mirati, ad esempio, alla qualità di gioco. Gareggiare per vincere è una sfida con se stessi che per attuarsi ha bisogno di una sfida con gli altri, che mette alla prova le nostre capacità fisiche, mentali e morali. È un modo per esprimere il nostro talento, la nostra passione, la nostra determinazione e la nostra ambizione.
Tutto questo però si regge sul fondamento dello sport: il rispetto dell’avversario. Non posso raggiungere nessuno dei miei obiettivi senza un avversario con cui confrontarmi, senza una competizione che mi permetta di diventare campione. Da ciò derivano tutti gli altri valori positivi del calcio: il fair play, la lealtà, la sportività e anche l’inclusione.
Nel momento in cui ammetto che l’avversario mi è necessario, riconosco il valore che ha nel suo essere diametralmente diverso da me. Questo rende ogni sfida, ogni partita e anche ogni vittoria che ne consegue un piccolo passo in più nel processo di crescita dell’atleta. E quando un atleta con disabilità cresce, cresce anche l’inclusione.
Ogni vittoria aumenta l’inclusione perché genera un circolo virtuoso in cui il successo sportivo si traduce in successo sociale, e viceversa, e in cui gli atleti diventano dei modelli positivi per gli altri, sia sul campo che fuori dal campo. La vittoria sancisce il percorso di crescita nell’allenamento.
E la sconfitta? A parte che l’articolo è sulla vittoria (magari ne scriviamo un altro sulla sconfitta), c’è parecchia letteratura sulla rielaborazione del perdere. Molto meno del vincere. Si gioisce, ma spesso non si celebra. Ci si entusiasma, ma spesso non si apprende.
Vincere conta.
Dal campo alla società e viceversa
Questo stile ha delle ricadute positive nella vita quotidiana di ogni atleta. Il calcio, in particolare il calcio per persone con disabilità, non è solo uno sport, ma un modo di essere e di stare al mondo. Aiuta gli atleti a migliorare la propria salute fisica e mentale, a sviluppare le proprie abilità motorie e cognitive, a esprimere la propria personalità e la propria creatività, a rafforzare la propria autostima e la propria autonomia, a integrarsi nella società e a contribuire al suo benessere. Il calcio permette quindi agli atleti di crescere come individui e come cittadini.
Il sogno è di contagiare la società con questo stile per rendere l’inclusione davvero protagonista di ogni contesto di vita, affinché la diversità non venga più vissuta come un ostacolo ma come una risorsa necessaria per crescere e migliorarsi, sempre e ovunque. Man mano che questa visione diventerà sempre più diffusa sempre più persone e sempre più categorie diverse potranno giocare a calcio, scendere in campo per sfidarsi.
Ecco perché le nostre vittorie sono così importanti. Perché ci dicono che un mondo inclusivo è possibile ed esiste già. Le dovremmo festeggiare rumorosamente e dargli una risonanza enorme. Perché non sono solo nostre, sono di tutte le persone diverse. Sono di tutti e di ciascuno.
Irene Raimondi
Foto di Insuperabili e Marcin Folmer