Un gioco al buio
Allenare un calcio che vede oltre!
Cambiare i propri concetti di riferimento! Qualcosa di necessario nello sport e nell’insegnamento. Per me lo è stato almeno in due occasioni.
Nel 2017, quando mi accingevo a varcare la soglia professionale di un contesto che praticava calcio per atleti con differenti abilità e caratteristiche.
Faccio riferimento al calcio per atleti non vedenti nello specifico la categoria FISPIC B1, dove la lettera B sta per Blind, la traduzione inglese della parola cieco.
Una situazione non da vedere, ma da vivere
Proprio di recente ho iniziato, tramite la FISPIC, il percorso formativo per diventare istruttore tecnico di calcio a 5 B1, presso il Centro di Preparazione Paralimpica di Roma. Qui oltre alle lezioni teoriche abbiamo avito modo di osservare dal vivo la nazionale italiana B1.
Il primo approccio a questa tipologia di calcio l’ho personalmente vissuto, assieme ad altri colleghi, grazie al corso per allenatori di calciatori con disabilità promosso dall’AIAC (Associazione italiana allenatori di calcio) e FIGC DCPS. Successivamente incuriositi abbiamo fatto visita alla storica ASD Disabili Roma 2000. E proprio in questo contesto che ho sperimentato per la prima volta le prime interazioni sul campo con questi atleti.
Successivamente ho avuto modo di assistere ad un entusiasmante allenamento dimostrativo congiunto tra il Crema (quattro volte consecutive campione d’Italia) e gli atleti di Cuneo che nell’arco di pochi mesi sarebbero entrati a far parte del mondo Insuperabili includendo quindi questa interessantissima disciplina.
Regole specifiche, sigle specifiche
La disciplina del calcio a 5 è la base per la pratica di questa particolare tipologia di calcio. Lo sport diventa ancora una volta esempio di accessibilità attraverso il calcio, permettendo ai giocatori di competere in un ambiente inclusivo e decisamente competitivo.
Ciò che differenzia un’attività da uno sport è la possibilità di confrontare prestazioni connesse ad un sistema di regole. E in questo caso ve ne sono molte e specifiche!
Il calcio a 5 per non vedenti, nasce in Sudamerica ad inizio anni 80. In Europa è inizialmente giocato in Spagna su campi in terra con otto giocatori per squadra. Ha subito un’importante evoluzione diventando futsal 5 contro 5. Questa variante ha introdotto le sponde laterali e ha trasferito il gioco all’interno di palestre e poi su campi all’aperto con fondo sintetico.
In Italia, la FISPIC (Federazione Italiana Sport Paralimpici per Ipovedenti e Ciechi) gestisce il calcio a 5 e altre discipline sportive per persone con disabilità visive. La FISPIC organizza un campionato nazionale, una coppa Italia e una Supercoppa. Nella stagione 22/23 hanno partecipato al campionato 8 squadre suddivise in due gironi (nord e sud).
A livello internazionale, la gestione dello sport per persone con disabilità visive è affidata all’IBSA (International Blind Sports Federation) dal 1981.
Esistono tre categorie: calcio a 5 B1, sport paralimpico destinato ai non vedenti, e calcio a 5 B2 e B3, riservato agli ipovedenti e non presente alle Paralimpiadi. Il gioco segue le regole dell’IBSA, con alcune specifiche per il calcio B1, mentre il calcio B2 e B3 presenta poche differenze rispetto alle regole FIFA.
Il campo di gioco ha come dimensioni quelle del calcio 5, circa 40 x 20 metri Nel calcio B1, ci sono delle sponde laterali necessarie per tenere la palla in campo e rendere più dinamico il gioco, mentre nel calcio B2 e B3 le partite vengono giocate in palestra o all’aperto su un campo da calcio a 5 standard con un pallone a rimbalzo controllato. Ogni partita di calcio a 5 B1 ha una durata di due tempi da 15 minuti effettivi e un intervallo di 10 minuti.
L’alternanza di rumore e silenzio
Si gioca con un pallone che ha le stesse dimensioni di quelli classici del calcio a cinque (taglia 4), ma pesa di più e soprattutto ha una caratteristica che lo rende indispensabile per questa disciplina sportiva: è sonoro grazie a dei sonagli in acciaio, quando rotola e si sposta fornisce dei chiari riferimenti acustici ai giocatori.
Il suono inconfondibile del pallone accompagna lo svolgersi della gara. Il pubblico deve stare in rigoroso silenzio, perché l’insieme delle voci dei protagonisti, provenienti da dentro e fuori dal campo dovranno animare la gara! L’attaccante deve dichiararsi sempre, così come il difensore per dare un riferimento spaziale all’avversario; dal campo si sente spesso dire “voice!”, che è la parola chiave per annunciarsi. Non esiste un’espressione univoca, basta annunciare la propria presenza. Alcuni lo dicono anche alla spagnola “voy!”
Il campo è diviso in tre zone: da ognuna delle due righe di fondo campo è tracciata una linea parallela a dodici metri di distanza, vengono quindi definite tre aree a suddividere il terreno di gioco. Servono a stabilire chi possa parlare a seconda di dove si trovi il pallone.
Se la palla è nella zona centrale, gli unici a poter dare indicazioni ai propri giocatori sono gli allenatori posti centralmente. Se la palla è in una delle due zone offensive, l’unico a poter far sentire la propria voce è l’allenatore offensivo, posto dietro la porta da attaccare, che dà indicazioni ai propri attaccanti. Il portiere invece, dalla sua microarea di cinque metri per due, fornisce indicazioni ai propri difensori. L’estremo difensore, in questo gioco, ha un ruolo ancora più importante rispetto al calcio per normotopici: ci vede! Oltre a parare, rappresenta anche una guida imprescindibile per i propri difensori.
Una battaglia comunicativa
Quello che subito si nota è l’insieme delle voci in campo: suoni che servono per dare più riferimenti possibili a chi si trova sul terreno di gioco. È abbastanza ovvio che debba essere così, dovendo guidare con parole e indicazioni gli interpreti della partita, costretti a giocare completamente al buio.
Alcuni atleti possono percepire delle ombre. Per mettere tutti sullo stesso livello agonistico, vengono applicate a questi calciatori delle bende oftalmiche sugli occhi, coperte ulteriormente anche da una mascherina.
Michele Pugliese, allenatore della nazionale di calcio a cinque per non vedenti e il suo vice Giovanni Avallone raccontano come in qualunque delle tre zone di campo ci si trovi, si scatena una sorta di battaglia comunicativa, dove, oltre al pallone sonoro e alle voci di attaccanti e difensori, gli allenatori e i portieri devono riuscire a essere bravi nel dirigere i propri calciatori. Nella concitazione della partita, diventa allora fondamentale anche la comunicazione para verbale. Bisogna modificare totalmente la prospettiva dialogativa. In questo contesto e situazioni bisogna vivere di linguaggio verbale quindi è necessario affinarlo. Di norma gli allenatori alternano il non verbale (le dimostrazioni) al para verbale e al verbale, magari anche con poca consapevolezza e attenzione. Focalizzarsi sul linguaggio verbale significa descrivere cosa loro dovranno fare analizzando ogni minimo dettaglio. Il giocatore non vedente porta l’allenatore all’interno di una completa rivoluzione della comunicazione.
Nell’Agosto 2023 Birmingham è stata la sede del primo Mondiale disputato dalla nazionale italiana nella sua storia. Dopo aver chiuso il girone da imbattuti siamo stati eliminati ai quarti di finale dall’Argentina poi diventata campione.
Siamo arrivati ottavi, sconfitti ai calci di rigore dall’Iran nella finale per il settimo posto (valido per la qualificazione alle Paralimpiadi di Parigi 2024, non riuscendo quindi a qualificarci) e speriamo nel prossimo futuro di raggiungere il “sogno” paralimpico, e perché no, contribuendo anche noi Insuperabili nel nostro piccolo grazie al nostro quotidiano operare.
Andrea Bagnato
Foto di Insuperabili