LA FIGURA EDUCATIVA IN UNA SQUADRA DI CALCIO
Il calcio è lo sport principale e maggiormente seguito in gran parte del mondo. Ci sono tantissimi club e innumerevoli squadre non agonistiche e altrettanti sono gli allenatori. Ogni allenatore cerca e lavora su sfumature diverse e ogni squadra ha una propria “ricetta” per crescere al meglio. Le combinazioni tra allenatori, squadre e stili di gioco sono quindi potenzialmente infinite.
Ma c’è una cosa che dovrebbe accomunare tutte le scuole calcio: essere lo strumento ideale per l’educazione integrale del bambino mentre si diverte a giocare a calcio. Non dimentichiamo che la pratica sportiva non solo sviluppa le capacità fisiche, ma aiuta anche a costruire la propria personalità, a forgiare la propria identità o a lottare per raggiungere i propri obiettivi. Inoltre, lo sport è un contesto perfetto per stabilire relazioni interpersonali e imparare valori che, una volta consolidati, si riflettono in comportamenti sociali come la solidarietà, la cooperazione e l’onestà.
Abbiamo già parlato dell’allenatore educativo, proviamo ad approfondire il lato pedagogico, scoprendo che cosa chiede ad un allenatore.
Calcio formativo vs Calcio agonistico
Allenarsi per competere o competere per allenarsi? Formazione e competizione sono due facce della stessa medaglia. Come allenatore, devo farli coesistere, in modo che non siano concetti antagonisti, ma che si completino a vicenda durante il processo. Chi non vuole vincere? La differenza tra formazione e competizione, tra processo e prestazione, sta nel punto in cui ci si concentra. Pensare esclusivamente a competere e a vincere la domenica, vuol dire concentrarsi solo sul risultato finale a volte dimenticandosi dei giocatori che si hanno in campo, legando il proprio valore di allenatore alla vittoria o alla sconfitta. Vincere sempre è un obiettivo irreale e irrealistico. Si può perdere per tanti motivi, serve analizzarli e per poterlo fare devo concentrarmi su tutto il processo partita, pre-partita e post partita. Altrimenti mi mancano dei pezzi con cui poter fare un’analisi veritiera e più oggettiva.
Al contrario, quando vi concentrate sul processo, state allenando la crescita di ogni vostro giocatore, preparandolo per la partita più importante: la vita. Voler vincere non è una cosa negativa, farlo ad ogni costo sì.
L’insegnamento-apprendimento nel calcio secondo un approccio pedagogico
La pedagogia nel calcio inizia in tenera età e, come la vita stessa, è un esercizio permanente di socializzazione. Non esiste uno stile di insegnamento che garantisca il successo individuale e/o collettivo, né un allenatore può costringere un giocatore a imparare se non vuole. Pertanto, è essenziale creare sessioni di allenamento attraenti, creative e dinamiche per raggiungere la loro motivazione.
Esistono tanti metodi e strategie quanti sono gli allenatori e gli atleti. Ma se vogliamo che i nostri giocatori sviluppino il loro lato critico e riflessivo, possiamo parlare di scoperta guidata. Questo metodo consiste nel lasciare che il giocatore, attraverso l’esplorazione, l’esperienza e la riflessione, sia in grado di risolvere diverse situazioni specifiche nel gioco, che possono essere estrapolate alla vita quotidiana. Se, al contrario, utilizziamo esclusivamente metodi come il comando diretto, l’unica cosa che otterremo sarà quella di creare giocatori dipendenti che, probabilmente, nella vita di tutti i giorni non saranno in grado di farcela. Non solo, saranno anche meno capaci di leggere ciò che avviene in campo e di adattare ciò che hanno sperimentato durante gli allenamenti a quella situazione specifica.
Ma non possiamo dimenticare che l’apprendimento vero e significativo avviene quando è piacevole, e il gioco può essere una strategia efficace per qualsiasi individuo. A chi non piace giocare? Tendiamo ad associarlo all’infanzia; in realtà, sia per i bambini che per gli adulti, è una necessità. I giochi hanno la capacità di intrattenere e allo stesso tempo di insegnare abilità, attitudini e conoscenze. Sta a noi adattarli alle esigenze del gruppo.
Il ruolo dell’allenatore-educatore
Educare significa sviluppare le facoltà intellettuali, morali e affettive di una persona secondo la cultura e le regole di convivenza che governano la società. Tuttavia, la partecipazione allo sport non garantisce di per sé l’apprendimento e lo sviluppo dei valori. Parte del lavoro dell’allenatore consiste nel far emergere il lato etico e morale del calcio, che spesso non è pienamente visibile nello sport professionistico. Una delle sfide morali è trovare l’equilibrio tra il collettivo e l’individuale; rafforzare le competenze e le capacità dei singoli per ottenere un gruppo in cui il rispetto, il lavoro di squadra e l’impegno la fanno da padrone.
L’allenatore accompagnerà il giocatore durante tutto il processo di maturazione. Attraverso il calcio, faciliterà la loro convivenza al di fuori dei campi da gioco. Il filosofo Aristotele diceva che “l’uomo è un essere sociale per natura”, cioè ogni essere umano ha bisogno di altre persone per sopravvivere. Quindi si potrebbe dire che il calcio è un riflesso della vita: abbiamo bisogno dei nostri compagni di squadra per raggiungere i nostri obiettivi. Sembra ovvio, ma quante volte abbiamo sentito dire: “Mister, ho giocato bene?”, “Mister, ha visto il gol che ho fatto?”, ecc. Non è facile gestire questo aspetto quando la televisione, i media e i social network si concentrano sempre sull’individualismo. Da agenti di socializzazione quali siamo, non possiamo perdere l’occasione di far capire loro che ogni sforzo individuale concorrerà al raggiungimento della vittoria finale.
Laura Gutiérrez Navarro
Coach educativo Insuperabili
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