La crescita del portiere attraverso la sinergia allenatore-psicologo
Come per qualsiasi atleta, all’interno del gioco del calcio il portiere rimanda ad un lavoro di integrazione tra corpo e mente. Il lavoro su un portiere, infatti, si rifà ad un inquadramento di aspetti, tecnici ma soprattutto cognitivi ed emotivo-relazionali. Alcuni di questi elementi specifici propri di questo ruolo sono ad esempio: gestione della concentrazione, gestione dell’errore, comunicazione, dicotomia coraggio/paura.
Un ruolo da includere?
Nel contesto di atleti con disabilità, possiamo ritrovare alcune caratteristiche personali che non lasciano molto spazio alla flessibilità e questa condizione potrebbe in parte essere uno dei fattori di rischio che porta allenatori e giocatori a porsi tale domanda.
Parlare di esclusione del portiere dal contesto squadra, potrebbe portare proprio all’esclusione stessa di questo ruolo nel gruppo?
Questi e altri concetti possono essere sviluppati all’interno del lavoro individuale con l’atleta nella modalità da noi già positivamente sperimentata per il lavoro con la squadra, ovvero tramite la sinergia e la complementarità tra due professionisti: l’allenatore dei portieri e lo psicologo.
Se abbiamo dei giocatori di movimento che fanno un po’ fatica ad integrare con il portiere, potrebbero sorgere alcune domande. Come potrebbe un portiere essere riconosciuto dai compagni durante il gioco? In quale modo si potrebbe ottenere ascolto e fiducia richiamando i giocatori? Come far si che il portiere non si senta totalmente responsabile per un goal subito?
Queste domande, come altre, portano alla necessità di un lavoro innanzitutto di integrazione del portiere all’interno delle menti del resto della squadra.
Un ponte tra l’individuo e il gruppo
In una situazione ideale ogni squadra dovrebbe avere tra i suoi componenti un allenatore dei portieri. Quest’ultimo potrebbe quindi occuparsi di integrare il ruolo del portiere all’interno dell’allenamento. Ma nella realtà l’allenatore dei portieri non è presente quasi mai in rapporto 1 a 1 rispetto ai gruppi squadra. Diventa quindi più realistico avere un team dei portieri, composto dall’allenatore e dallo psicologo. In questo modo si favorisce il lavoro specifico sui nostri atleti incrementando e facilitando il confronto interno fra le due figure e garantendo una linea guida comune nel lavoro quotidiano.
La figura psicologica funge da ponte tra l’allenamento specifico svolto con l’allenatore dei portieri e il lavoro in squadra. Da quest’ultimo elemento, va da sé che si inserisca un terzo attore fondamentale per il lavoro con il portiere: l’allenatore della squadra.
Queste tre figure principali, unite al resto del team, dovranno costantemente coordinarsi nel lavoro, sia da un punto di vista emotivo-relazionale, sia da quello cognitivo e sportivo.
Questo favorirebbe quindi il coordinamento tra obiettivi individuali e obiettivi di squadra, lo psicologo del gruppo potrebbe quindi aiutare il primo allenatore a porsi delle domande nel momento in cui svolge un’esercitazione, come ad esempio: “Facciamo una sfida a chi fa più goal?” lo psicologo potrebbe chiedere: “Qual è invece l’obiettivo per il portiere?”.
Non solo l’allenatore dei portieri
Addentrandoci all’interno della seduta di allenamento specifica, la figura psicologica potrà supportare l’allenatore nella sua comunicazione, potrà consigliare il miglior modo per spiegare un esercizio o una gestualità oppure potrà essere da supporto nell’interpretazione delle situazioni di gioco. Tutto questo tenendo in considerazione la funzionalità e soprattutto le caratteristiche personali di apprendimento di ogni singolo portiere. Non dimentichiamo infatti quanto possano ulteriormente incidere le difficoltà cognitive ed emotive relazionali o gli adattamenti da considerare per gli atleti costretti ad eseguire il gesto tecnico attraverso un ausilio, come una sedia a rotelle!
In caso di più portieri in squadra o in allenamento specifico, è importante curare la gestione delle relazioni che si instaurano tra i portieri stessi. In alcuni casi, sono consapevoli che uno solo gioca la partita; ci può essere competizione, ma bisogna favorire il supporto reciproco. Nel momento in cui si torna a lavorare in gruppo, saranno fondamentali le relazioni tra il portiere e il resto della squadra.
Vi può essere un confronto rispetto alla scelta delle proposte mirate su specifici sistemi cognitivi, come ad esempio la concentrazione, che nel caso del portiere non è lineare, ma deve saper modulare a seconda di momenti e situazioni.
Un altro concetto, fondamentale per qualsiasi giocatore, su cui poter soffermarsi è il ritmo: ogni atleta ha il suo e riconoscerlo può facilitare l’identificazione del percorso: fin dove si può spingere? Che concezione ha dell’astratto, del tempo e dello spazio? Ha senso forzare sempre la ripetizione di un gesto?
Lo psicologo può aiutare il portiere a rispettare e conoscere i suoi ritmi, le sue risorse e i suoi limiti, a differenziare ciò che sa fare rispetto a ciò che crede di saper fare. In questo modo mediare con i compagni affinché, a loro volta, imparino e si abituino a riconoscerlo.
Coraggio e sicurezza vs l’errore
La gestione dell’errore e del goal subito sono elementi intrinseci del ruolo del portiere e vanno quindi allenati. Vi sono diverse modalità in cui l’allenatore può correggere un errore: correzione simultanea, a posteriori, non correzione in vista di un momento differente. In questo caso, lo psicologo può offrire il suo parere rispetto alla modalità più funzionale per quell’atleta. Allo stesso modo può supportare il portiere nel comprendere e accettare che le reti si subiscono, quello che fa la differenza è come reagiamo.
Nel portiere sono fondamentali temi come il coraggio e la sicurezza nei propri mezzi.
Avere coraggio non vuol dire solo rischiare di farsi male fisicamente in un tuffo, ma soprattutto restare in zona più avanzata, non scappando e andando incontro all’avversario. Lo psicologo può essere di supporto all’allenatore dei portieri nel comprendere a cosa si rifà un’eventuale paura. Quali sono le domande? è il timore di farsi male di subire goal? C’è una tendenza trasversale della propria vita a fuggire piuttosto che ad attaccare? è figlia della compresenza di tanti stimoli imprevedibili? Identificare la caratteristica della paura conduce anche a dei ragionamenti per trovare il modo di lavorare su di essa.
Il portiere gioca un ruolo fondamentale nei momenti partita, per questo è importante che esso trasmetta sicurezza ai compagni e allo stesso tempo crei difficoltà agli avversari, questo passa attraverso la consapevolezza dei propri mezzi che va costruita allenamento dopo allenamento.
Il ruolo del portiere potrebbe portare con sé ancora molte altre strutture che si possono cristallizzare a livello emotivo e mentale. Tutte tematiche di non facile gestione per nessuno, tanto meno in caso di portieri con disabilità. Nei nostri atleti si potrebbe formare un incastro fra disagi, limiti e a volte patologie stesse. Questo può provocare un’amplificazione di tali elementi, già di per sé non semplici da vivere.
Pertanto, oltre che da un punto di vista pratico, l’allenatore dei portieri, lo psicologo e l’allenatore della squadra, potrebbero ottenere dei vantaggi nel costruire un lavoro insieme, stimolante e sinergico a servizio del portiere e di tutta la squadra.
Sara Oliva – Supervisore e Referente Sede Torino
Simone Zenga – Responsabile Preparazione Portieri
Foto Insuperabili