Donne e disabilità nel mondo del calcio
Proviamo a parlare di donne e disabilità nel mondo del calcio, proprio oggi.
L’8 marzo, Giornata Internazionale della donna, è sempre stato un motivo di celebrazione. Ma è davvero necessario celebrarla quando nel mondo ci sono milioni di donne private della loro libertà? Per me è una giornata per RIVENDICARE i nostri diritti e per dare valore alla lotta quotidiana di tutte le donne contro gli stereotipi, i pregiudizi e i ruoli di genere.
Nel XXI secolo c’è troppo maschilismo nelle strade. Tutte noi che stiamo leggendo queste righe in questo momento abbiamo sofferto in prima persona o conosciamo una donna che ha vissuto situazioni spiacevoli semplicemente perché è una donna. Le donne con disabilità, in questo caso, subiscono una doppia discriminazione: per il genere e per la disabilità stessa, presentando una maggiore vulnerabilità a ricevere qualsiasi tipo di violenza.
Se ci immergiamo nel mondo del calcio, ancora oggi è uno sport troppo mascolinizzato. “Il calcio femminile non è né calcio né femminile“, una frase che sicuramente abbiamo sentito più di una volta per molti anni. Fortunatamente, dopo l’ultima Coppa del Mondo tenutasi in Australia e Nuova Zelanda, che ha battuto i record negli stadi e con un’alta audience televisiva, il calcio femminile sembra essere più interessante, ritagliandosi un posto importante nella nostra società.
L’attuale ondata femminista che sta scuotendo le fondamenta delle relazioni di genere ha coinciso con un grande boom del calcio femminile. Come punto di svolta per molte generazioni, sarà anche un punto di svolta per tutte quelle ragazze e donne con disabilità che vogliono giocare a calcio?
Le origini del calcio femminile in Italia
Il calcio femminile in Italia nasce come sfida a Mussolini. Nel 1933, in pieno regime fascista, un gruppo di amiche innamorate di questo sport si riunì per fondare la prima squadra di calcio chiamata “Gruppo Calciatrici milanese”. La società italiana non era preparata ad accettare questo fenomeno e ben presto si trovarono a sconvolgere il regime. Nonostante gli sguardi di rimprovero e i commenti fuori luogo mentre giocavano per strada, questo gruppo di donne non smise di lottare contro i pregiudizi di una società avvelenata dal fascismo e sprofondata in una mentalità maschilista che, purtroppo, persiste ancora oggi.
Il regime di Mussolini definiva il calcio femminile “anti-sportivo” e “una sciocchezza americana”. Queste calciatrici sono state le prime a chiedere l’uguaglianza e a muovere i primi passi verso i diritti delle donne, afflitte da ostacoli e ingiustizie. Nonostante il grande traguardo raggiunto, la loro storia è stata messa a tacere e resa nota solo in tempi relativamente recenti. Dopo la guerra, a Trieste furono fondate due nuove squadre: Triestina e San Giusto.
Il calcio femminile è qui per restare
Il calcio femminile è in continua evoluzione e l’Italia segue la tendenza globale. Quando parliamo di crescita, non ci riferiamo solo a tutti i successi ottenuti a livello professionistico, ma anche a tutte le entità sportive che si sono in qualche modo impegnate nel calcio femminile.
Nel 2022 è arrivata la svolta con la professionalizzazione delle giocatrice di Serie A. Ricordiamo che fino a quell’anno erano considerati “giocatori dilettanti“. Riuscite a immaginare Pirlo o Chiellini considerati “dilettanti”? No, vero? Beh, lo erano giocatrici come Martina Rosucci, Sara Gama o Cristina Girelli. Gli uomini sono stati classificati come “professionisti” per anni, e tutti coloro che giocano in Serie A, Serie B e Serie C sono professionisti. Le principali giocatrici italiane con un peso importante a livello internazionale hanno lottato per essere valorizzate allo stesso modo in cui sono valorizzati gli uomini in questo sport. Perché c’è voluto così tanto tempo per professionalizzarle? Non hanno fatto lo stesso lavoro e dedicato le stesse ore? La realtà è che lo hanno sempre fatto e con condizioni peggiori.
L’Italia è impegnata nel calcio femminile da diversi anni. Ne è un esempio il fatto che dal 2008 a oggi si è registrato un aumento del 94% del numero di licenze femminili nel calcio giovanile. Nel 2011 c’erano circa 10.000 licenze e attualmente sono oltre 36.000. Una cifra che riflette senza dubbio il buon lavoro svolto negli anni.
Tuttavia, esiste ancora un divario di genere in termini di rappresentanza femminile all’interno delle organizzazioni sportive. È vero che il numero di donne è aumentato, ma quante donne occupano posizioni importanti? Pochissime. Il motivo è la falsa convinzione che una posizione di rilievo possa essere gestita bene solo da un uomo. Pertanto, esiste ancora una discriminazione causata esclusivamente da stereotipi e ruoli di genere.
Qual è il ruolo delle donne con disabilità nello sport e in particolare nel calcio?
In Italia ci sono circa 13 milioni di persone con disabilità che hanno difficoltà a svolgere le attività di base della vita quotidiana, pari a quasi il 22% dell’intera popolazione italiana. Di questi 13 milioni, 3 milioni hanno limitazioni gravi. Le aree del Paese con l’incidenza più alta sono la Sardegna, l’Umbria e le Marche, mentre quelle con l’incidenza più bassa sono la Campania, la Lombardia e il Trentino-Alto.
Le donne con disabilità rappresentano il 60% del totale e, in tutte le fasce d’età, le donne superano gli uomini.
Per quanto riguarda lo sport, partendo dalla premessa che le persone con disabilità hanno un tasso di partecipazione inferiore a quello delle persone senza disabilità, questo si accentua quando parliamo di donne con disabilità nel mondo dello sport: l’8% di loro partecipa ad attività sportive, la metà di quanto fanno gli uomini con disabilità. Com’è possibile che ci siano più donne che uomini con disabilità, ma che la partecipazione sia inferiore? Dove stiamo sbagliando come società? La cultura patriarcale ha una grande responsabilità e, per questo motivo, sono necessarie riforme strutturali e un cambiamento di mentalità.
Quante calciatrici possiamo incontrare durante i campionati che disputiamo? Senza contare la nostra squadra femminile ufficiale, oserei dire che si contano sulle dita di una mano. Anche la mancanza di modelli femminili nel corso degli anni non ha aiutato le ragazze e le donne con disabilità a scegliere di giocare a calcio. Quanto è importante avere qualcuno in cui ci si identifica e di cui si vuole seguire le orme.
Educare all’uguaglianza per un cambiamento culturale
Il concetto di uguaglianza deve essere trasmesso in tutti i contesti educativi, ma con maggiore importanza durante la prima infanzia, trasmettendo l’arricchimento rappresentato dalla diversità di ogni individuo, che deve essere rispettata e valorizzata.
La coeducazione è l’azione educativa che promuove una reale parità di opportunità e l’eliminazione di qualsiasi tipo di discriminazione basata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. In altre parole, educare all’uguaglianza significa educare ragazze e ragazzi a parità di condizioni, eliminando gli stereotipi e i ruoli precostituiti su ciò che è “per le donne e per gli uomini”. In questo modo, si forniranno le stesse risorse a entrambi per sviluppare le loro capacità e abilità senza distinzioni.
Educare con una prospettiva di genere significa fare passi da gigante per passare da una cultura maschilista a una cultura improntata al femminismo. Siamo tutti pronti a disimparare alcuni comportamenti che abbiamo interiorizzato e ad apprenderne di nuovi. Ma l’importante è concentrarsi sui più piccoli: con loro abbiamo la speranza di cambiare la mentalità della società, trasmettendo l’arricchimento che la diversità di ognuno di noi rappresenta. Sono loro il futuro della nostra società.
Il ruolo delle donne in Insuperabili
Che Insuperabili lavori da e per le donne è più che evidente. Basta guardarsi intorno per rendersi conto che il numero di donne e uomini è simile. Attualmente le donne sono poco più del 40%, un dato che ci sembra normale, ma non sempre lo è, soprattutto quando si lavora nel mondo del calcio. Una forza lavoro diversificata offre punti di vista diversi che, con una buona gestione, portano al successo.
Un’importante pietra miliare all’interno di Insuperabili è stata raggiunta solo un anno fa. Nel 2023 è nata la Prima Squadra Ufficiale Insuperabili Women, composta da 13 giocatrici e 4 allenatori. Un lavoro non certo facile che dopo anni ha potuto essere consacrato. Inoltre, quella stessa estate, insieme alla Fondazione Levante UD, siamo riusciti a organizzare la prima partita internazionale di calcio femminile composta da donne con disabilità. Facciamo parte della storia del calcio femminile.
Essere sempre i primi significa essere più avanti della società stessa. L’obiettivo rimane lo stesso: aggiungere giocatrici per ridurre l’enorme divario tra il numero di giocatori maschi e femmine all’interno di Insuperabili.
Ricordiamo che, in Italia, ci sono più ragazze e donne con disabilità che ragazzi e uomini, quindi ci sono ancora molte calciatrici da scoprire e da far entrare in questa grande e bella realtà che è Insuperabili.
Laura Gutierrez
Coach educatrice Torino e Formatrice Insuperabili