Comunicazione inclusiva
“Non si può non comunicare!” cita il primo assioma della comunicazione della Scuola di Palo Alto, ed è proprio partendo da questa affermazione che proviamo ad acquisire un po’ di consapevolezza in più sulle modalità comunicative che utilizziamo in campo.
Focalizziamoci subito sul ricevente della mia comunicazione. Chi è il mio atleta? Quali canali comunicativi predilige? Quali sono le sue modalità di comprensione?
Queste sono le prime domande che dobbiamo porci per rendere davvero efficace la nostra comunicazione e per trovare una risposta adeguata, dobbiamo passare per una conoscenza dettagliata della persona con la quale stiamo cercando di interagire.
Un linguaggio inclusivo
Cerchiamo di andare alla base non dando nulla per scontato ed iniziamo a porci alla sua altezza, proviamo a guardarlo negli occhi dalla sua prospettiva e parliamogli con poche parole, semplici, precise, di uso comune (ad alta frequenza), accompagnate da una gestualità chiara che possa essere di aiuto alla comunicazione verbale e non cadiamo nell’errore di rovesciargli addosso un fiume ininterrotto di parole, perché per alcuni tipi di mente le parole sono fumose e non sempre percepibili nel loro significato.
È vero che a volte fatica e frustrazione affiancano la ricerca di una comunicazione semplice, ma proprio per questo dobbiamo sempre tener presente che stiamo utilizzando una comunicazione davvero efficace e molto inclusiva.
Un linguaggio condiviso
Questo primo passaggio è fondamentale soprattutto all’inizio per entrare in relazione con l’atleta, conoscerlo e farci conoscere ma soprattutto iniziare a costruire un linguaggio condiviso in cui i significati delle parole e dei gesti sono gli stessi per entrambi. Ma risulta funzionale anche quando si introducono dei concetti, dei gesti tecnici o degli schemi di gioco nuovi.
Se per l’allenatore è molto chiaro che cosa intende con determinate parole come “passa”, “anticipa”, “pressa” non è detto che nella mente del nostro atleta abbiano il medesimo significato. Questa discrepanza può portare a dei movimenti e delle azioni da parte dell’atleta che non sono quelle che ci aspettiamo e vorremmo.
Questo significa che non dobbiamo usare un linguaggio tecnico e specifico? No, significa che non possiamo partire da quel tipo di linguaggio. Riuscire a utilizzare un linguaggio tecnico sarà uno dei nostri obiettivi come allenatori ma per arrivarci devo compiere alcune azioni e costruire un significato condiviso. Potremmo chiamare questo percorso, questa evoluzione, “allenamento a un linguaggio specifico”. E come tutti gli allenamenti prevede una progressione.
Scegliere gli strumenti a supporto
Il primo step abbiamo detto essere l’uso di un linguaggio semplice e preciso.
Poi parte l’intenzionalità di che tipo di comunicazione e di strumenti comunicativi decidiamo di utilizzare nel nostro lavoro e qui ci vengono in aiuto una serie di strumenti per far si che la nostra comunicazione sia sempre più efficace, mirata e personalizzata. La conoscenza approfondita dell’atleta ci permetterà di scegliere lo strumento più idoneo, adattandolo in base alla situazione e al messaggio.
Ne citiamo alcuni a titolo esemplificativo:
- Agende visive per chiarire come sarà organizzato il tempo e che tipo di azioni/momenti sono previsti all’interno dell’allenamento;
- Storie sociali per anticipare cosa accadrà e rendere espliciti comportamenti sociali più complessi da decodificare;
- Video modeling per mostrare l’esecuzione di esercizi;
- Token economy per rafforzare i comportamenti attesi.
La creatività ci permette di cercare e ideare tutta una serie di strumenti che vanno ad arricchire la cassettina degli attrezzi che ogni coach ha a disposizione per relazionarsi con i suoi atleti.
Una piccola nota metodologica: ricordiamoci sempre di capire se il nostro atleta comprende le immagini che abbiamo utilizzato, perché non basta scaricare un set di simboli standard e condividerle. Non è detto che conosca il codice utilizzato e ciò potrebbe essere causa di ulteriore frustrazione. Una strategia potrebbe essere quello di utilizzare in una fase iniziale delle fotografie, magari realizzate al campo. In questo modo la corrispondenza tra immagine e realtà è molto forte, pian piano possiamo introdurre delle immagini più generiche fino ad arrivare in alcuni casi ai simboli.
Non dimentichiamoci inoltre di un altro grandissimo strumento che abbiamo a disposizione: il nostro corpo. Far vedere, fare degli esempi pratici e accompagnare l’atleta nei movimenti e nei gesti che gli chiediamo di fare sono dei passaggi molto utili a sostenere e favorire comprensione e apprendimento.
A ciascuno il suo strumento
Ovviamente questi strumenti non possono essere universali ed utilizzati alla stessa maniera per tutte le persone, ma devono essere adattati per ogni singolo, perché ogni persona è uno scrigno e se riusciamo a trovare la chiave riusciremo ad accedere ad un tesoro e rendere la nostra comunicazione davvero efficace, efficiente ed inclusiva.
Giuseppe Cimmino – Referente Area Scuole Insuperabili
Foto di insuperabili.