Tra ansia e stress: le mie e le altrui!
Tra ansia e stress. Cosa percepiamo di più? La risposta è entrambi. Viviamo in una società frenetica che spesso crea scenari e pressioni stressanti sulla nostra quotidianità e sulle nostre vite, e i termini “Stress” e “Ansia” sono diventati parte integrante dei nostri dialoghi, ormai anche fuori dal contesto strettamente psicologico.
Ansia di stato e ansia di tratto
L’ansia è una delle possibili emozioni che gli esseri umani possono sentire, e come tutte le emozioni ci segnala come stiamo, cosa stiamo vivendo e come potremmo agire. L’ansia ci segnala che la situazione che stiamo vivendo può metterci in pericolo e/o renderci vulnerabili.
Esistono due tipi di ansia: l’ansia di stato e l’ansia di tratto. L’ansia di stato è l’ansia temporanea che possiamo provare in una situazione emozionante: prima di una partita, prima di una visita medica, prima di parlare in pubblico, etc. L’ansia di tratto è invece definibile come la predisposizione personale a sentire e vivere l’ansia, in maniera cronica e continuata. Insomma, tutti possiamo vivere momenti d’ansia ma ci sono persone che tendono a viverla più spesso e in maniera più intensa.
Lo stress
Lo stress è invece definito come la più generica reazione mentale e fisica di fronte a eventi che percepiamo – inconsciamente o consciamente – come eccessivi o pericolosi e che si protraggono nel tempo. La percezione degli eventi come eccessivi o pericolosi dipende anche dal nostro modo di viverli: dove per qualcuno il campionato può essere vissuto in generale come un’esperienza positiva e facilmente affrontabile – quindi non stressante – per altri può essere una situazione che comporta un livello maggiore di agitazione e di ansia. Ci sono quindi differenze individuali di percezione dello stress e predisposizione all’ansia.
La gestione dell’ansia e la disabilità
Alcuni dei nostri atleti possono vivere momenti di ansia (e quindi vivere l’ansia di stato che abbiamo descritto prima) magari durante gli allenamenti, le partite e le diverse competizioni. E come coach, possiamo provarla noi con loro: se l’ansia è il segnale che potremmo perdere o metterci in una situazione di pericolo (come una prestazione negativa, una partita con pubblico sugli spalti, una finale dove si gioca per la coppa, etc) possiamo usarla per ragionare su come affrontare gli imprevisti e attivare tutte le strategie per evitare di perdere (il che ci renderebbe molto vulnerabili, sia per la paura del giudizio, per la rabbia e la tristezza che ne possono conseguire…).
Succede anche che alcuni dei nostri atleti mostrino più frequentemente stati d’ansia, anche in contesti in cui non ci sono dinamiche di competizione, di sfida, o di potenziale pericolo e vulnerabilità. Questo può accadere sia perché c’è una loro predisposizione individuale a vivere stati d’ansia o anche perché l’ansia si accompagna specificatamente alle caratteristiche della loro disabilità.
Alcuni esempi pratici
Inostri atleti con disabilità cognitiva, ad esempio, possono provare uno stato d’ansia in un momento o una situazione dove non hanno ben chiaro cosa stia succedendo e qual è l’obiettivo loro assegnato; per alcuni atleti con ADHD può essere difficile farsi un’idea specifica delle attività e dei vari momenti di allenamento che andranno a svolgere, e inoltre possono vivere in maniera molto più intensa le situazioni di giudizio o di correzione (ad esempio durante un esercizio), provando un’ansia intensa.
I nostri atleti autistici, in maniera simile agli atleti ADHD, possono avere delle difficoltà a vivere momenti di imprevisto o vivere una novità nella routine di allenamento, e questo può comportare uno stato ansioso più o meno duraturo, a seconda del motivo dell’ansia o del contesto. Altri atleti magari vivono condizioni psicologiche diagnosticate che possono comportare anche un correlato ansioso: Disturbi d’Ansia, Ansia Sociale, Disturbi di Attacchi di Panico, Disturbi Ossessivo Compulsivi.
È importante, per offrire un’esperienza di allenamento positiva e funzionale, sapere se i nostri atleti vivono stati d’ansia in maniera costante e/o sono predisposti per funzionamento individuale a sperimentarla spesso, conoscere come li affrontano, e come possiamo aiutarli individualmente a regolare l’ansia. Per tutti, a prescindere dalla diagnosi, è utile fornire un supporto calmo e costante, che provi a dare gli elementi per capire il contesto e la situazione, e ove necessario, una routine strutturata che dia la sicurezza giusta anche per affrontare gli imprevisti.
L’ansia e lo stress nei team
Non solo gli atleti possono vivere degli stati d’ansia e dei periodi di stress ma anche i componenti del team. Imparare a conoscersi e comunicare al meglio è un’ottima base per fidarsi l’un l’altro e quindi percepire il lavoro come funzionale e supportato dai colleghi, piuttosto che come una situazione che ci fa sentire a rischio o in pericolo. Il team è più della somma dei singoli, quindi il team multidisciplinare che si confronta continuamente sul proprio lavoro può essere d’aiuto nel contenere l’ansia o le preoccupazioni legate al campo, al lavoro con gli atleti, alle partite.
Una piccola grandi strategie: il respiro
Se l’ansia è costante e/o si accompagna a una diagnosi o una disabilità specifica può e deve essere trattata in un percorso clinico a parte. Ma nella vita di tutti i giorni e nella gestione dei momenti di ansia in campo possiamo usare delle strategie pratiche da condividere con il team e con gli atleti.
La prima strategia è quella legata alla respirazione: respirare profondamente aiuta il corpo ad entrare in uno stato di calma. Si può utilizzare la respirazione semplice, alternando ispirazione profonda (possiamo indicare un timing “respira contando fino a 5”, oppure dando un riferimento propriocettivo “respira sentendo la tua pancia che si gonfia”) a espirazione lunga (anche qui dando indicazioni temporali “butta fuori l’aria contando fino a 7” oppure indicando di espirare fino a quando la pancia non si sgonfia completamente).
Un’altra piccola grandi strategia: la distrazione funzionale
La seconda strategia è quella della distrazione funzionale: durante un momento di ansia intensa il corpo e la mente sono in uno stato di allarme, ma inserendo delle distrazioni l’allarme diminuisce: si può chiedere alla persona in uno stato d’ansia di cercare intorno a sé 5 cose da guardare, 4 rumori da sentire, 3 cose da toccare, 2 cose da odorare e poi di focalizzarsi su 1 sensazione sulla lingua (sentirsi il palato, abbassare la lingua, toccarsi i denti con la punta della lingua). In questo modo, la ricerca attiva di queste percezioni diventa una distrazione guidata che stacca la mente dallo stato di allarme percepito e contribuisce ad abbassare tachicardia e pensieri ansiosi.
Chiaramente ogni intervento e ogni strategia deve essere calibrato sulle caratteristiche della persona che abbiamo di fronte. Che si tratti di un membro del team, di un atleta, o di noi stessi, è utile capire quali possano i motivi dei nostri momenti di ansia e come affrontarli.
Alessia Gramai
Coach Psicologa e Supervisore Insuperabili
Foto: Insuperabili